Cirié: una passeggiata tra storia e segreti

Pubblicato il 19 agosto 2025 alle ore 21:50

Cirié: una passeggiata tra storia e segreti, dai portici alle torri

 

La prossima volta che vi trovate a passeggiare nel centro storico di Cirié, fermatevi un attimo.
I portici che vi riparano dalla pioggia o dal sole non sono solo una caratteristica architettonica, ma un vero e proprio libro di storia a cielo aperto che aspetta solo di essere letto.

La Via Vittorio Emanuele II, che oggi conosciamo come area pedonale, nel Medioevo era la "Via Maestra".
Era il cuore pulsante del borgo, dove si teneva il mercato settimanale.

 

Ma era anche il luogo dove si amministrava la giustizia.
Le punizioni erano pubbliche e la legge era severa, per servire da monito a tutti i passanti.

La Via Maestra, con il suo fervore commerciale e le sue storie d'amore e di vita quotidiana, qui il popolo assisteva in silenzio o con scherno alle punizioni inflitte ai reo.

Quindi era probabile che camminando per la via del centro, anziché ammirare i bei negozi che abbiamo oggi, la pace e la tranquillità di poter passeggiare con la propria famiglia o amici, parlare godendosi un buon gelato o sedersi in una delle tante caffetterie dell’isola pedonale, in quel tempo invece si potevano assistere a scene a metà tra spettacolo e punizione, proprio nel tipico stile del medioevo

 

Forse la gente usciva di casa per vedere a chi toccava la gogna oggi, augurandosi di non doverci capitare mai, in quanto bastava anche poco in quel periodo per finire alla gogna.

Oggi alcune di queste scene di vita passata le possiamo vedere  nella rappresentazione storica del Palio dei borghi.

In cosa consisteva la  gogna:

La persona veniva legata a un palo o a un collare di ferro nella piazza principale (nel nostro caso, la Via Maestra), ed esposta alla vista di tutti.
L'obiettivo era l'umiliazione pubblica, che spesso era più temuta della punizione fisica stessa.
La folla poteva insultare il condannato, lanciargli fango o resti di cibo, e la pena durava per ore o giorni, a seconda della gravità del reato.

Ma c'erano anche altre pene pubbliche che potevano essere usate in un borgo come Cirié per esempio:
La berlina: Simile alla gogna, ma il condannato veniva legato a una colonna di pietra o a una scala.

Era un modo per "mostrare" il reo alla comunità.

La fustigazione: Veniva eseguita pubblicamente, a volte con un "palo della giustizia" in piazza. Il condannato veniva frustato per un numero stabilito di colpi. Anche se dolorosa, era soprattutto un'esibizione del potere della legge sul corpo del colpevole.

Vi immaginate mentre camminate per via Vittorio Emanuele ovvero l'antica via Maestra incontrare un conoscente indossare 
La maschera d'infamia?

Era per reati legati alla reputazione (come le calunnie o la diffamazione), si usavano maschere di ferro che a volte avevano forme particolari, come una lingua sporgente o delle orecchie da asino.

E tutto questo poteva capitare anche davanti al numero civico 98  all'incrocio tra la centrale Via Vittorio Emanuele (anticamente la Via Maestra) e via Cavour dove si trova la Casa-Torre Ampalla, un edificio del Trecento con un portico ad archi ogivali.


Anche se non sembra, questo edificio è un esempio di architettura gotica che nasconde una storia affascinante.
La torre, alta 18 metri, faceva parte delle mura che cingevano del borgo.

Anche se oggi è inglobata tra le altre case e ha perso la sua merlatura, nasconde ancora un piccolo gioiello: un fregio con motivi floreali scolpiti che risale al Quattrocento.


I documenti storici non sono del tutto chiari sui suoi primi proprietari, ma una tradizione popolare la attribuisce alla nobile famiglia dei Provana, una delle più antiche del Piemonte, che aveva diverse proprietà nel ciriacese.

Si dice che gli amori più importanti e i matrimoni venissero annunciati pubblicamente proprio dalla torre.

 

La Via Maestra, con le sue luci e il suo vociare, era il palcoscenico di tutta la vita del borgo, compresi i momenti più importanti e sentimentali.

E in un certo modo lo è anche ai nostri giorni.

 

Se la Casa-Torre ci parla di vita civile, la Torre di San Rocco ci racconta di guerra e di coraggio.
La torre non si chiama così solo perché è vicina alla chiesetta di San Rocco, ma era anche una guardiana della salute del borgo.

San Rocco era il santo protettore dei malati di peste e le torri erano spesso usate per controllare chi entrava e chi usciva del borgo, proprio per evitare il diffondersi delle epidemie

Situata in Corso Nazioni Unite, è l'unica rimasta delle quattordici torri che proteggevano il borgo.
La sua storia è legata al XVI secolo, quando il borgo subì una serie di attacchi devastanti.


Nel 1536, le truppe francesi del generale Guillaume Du Bellay misero a ferro e fuoco Cirié durante le Guerre d'Italia.
L'assedio fu così violento che gran parte delle mura e del castello andarono distrutti, lasciando in piedi solo la Torre di San Rocco, che per molti secoli è stata il simbolo della resistenza del borgo.

Molti di noi, che vivono a Cirié, hanno la fortuna di passare accanto a questi monumenti ogni giorno o addirittura vivere dentro un cortile della via Maestra che  non era solo la strada principale di Cirié.

Era la facciata di un mondo nascosto fatto di cortili interni che pochi potevano vedere. Entrare in uno di questi cortili era come fare un salto nel passato, un ingresso nel vero centro della vita nobiliare.

Ma non solo la via Maestra anche tutte le vie intorno come via Giordano, via San Sudario, via Montebello, via Della fiera, Via Clemente Macario eccetera sono pieni di cortili castellani.


Questi cortili erano il regno delle carrozze, che vi entravano da grandi portoni per far scendere gli ospiti al sicuro.

Erano luoghi di lavoro, dove i servi e gli artigiani si davano da fare, ma anche teatri di vita.

Immagina i suoni delle conversazioni, delle risate durante i banchetti, o il silenzio che scendeva la sera rotto solo dal rumore dei cavalli che riposavano nelle scuderie.

Ogni dettaglio, dai portici ad arco ai ballatoi in legno, era pensato per mostrare il prestigio della famiglia che vi abitava, ma allo stesso tempo per nascondere la vita privata dal trambusto della strada.


In un certo senso mi sento una "castellana" alla luce di queste scoperte, perché ho il privilegio di abitare proprio in uno di questi cortili e questo mi dà la possibilità di camminare nel presente, ma con un piede nel passato.

a cura di Rita Grandinetti